Ometepe

Nicaragua - 6 luglio 2007

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E finalmente siamo in Nicaragua. Dopo circa un mese tra Panamá e Costa Rica, in cui eè inevitabilmente presente l’impronta gringo del dollaro (tra proprieta’ e turisti in prevalenza nordamericani) finalmente torniamo a viaggiare in una terra piú latina che ci affascina non solo per i paesaggi meravigliosi, ma soprattutto per la gente, le cittá e il modo di vivere.
Qua le persone tornano a salutarti senza interesse per le strade, le donne lavano i panni nei laghi, i bambini ti chiedono di scattargli le foto e impazziscono quando gliele fai rivedere sullo schermino della macchina. Poi scordi i bus a lunga percorrenza e ti adatti in tranquillita’ ai “chicken bus”, gli scuolabus dei bambini americani, qua riadattati a mezzo di trasporto nazionale e decorati con i colori piu’ sgargianti. Insomma ritorni a scoprire l’autenticita’ cercando di allontanarti dal percorso del “gringo trail” che ci troviamo a seguire. Anche se questo significa vedere in faccia la poverta’ di uno dei paesi piu’ poveri del centro america.
Fuggiti per l’appunto da San Juan, dove troppi surfisti ti facevano sentire in una puntata di bay watch, abbiamo deciso di addentrarci in un paesaggio piu’ genuino e ci siamo diretti sull’isola di Ometepe.
Ometepe e’ l’isola principale del lago di Nicaragua, dove pare vivano gli squali arrivati dal caribe attraverso il fiume San Juan: incredibile, si sono adattati all’acqua dolce!

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Caribe

Costa Rica, Panamá - 26 giugno 2007

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Bocas del Toro, Panama, ovvero uno degli arcipelaghi segnalato sulle guide tra le spiagge piu’ belle del Centro America. E come non andarci?!? Ed effettivamente le guide hanno pienamente ragione. Ci sono varie isole che compongono l’arcipelago, noi abbiamo scelto di soggiornare a Bastimento, una delle piu’ tranquille composta da un paesino con un’unica stradina e poi spiagge, spiagge e ancora spiagge. La sabbia e’ bianca, il mare trasparente, non ci sono bar o altri tipi di strutture turistiche, le spiagge sono lunghe chilometri e sembrano riservate solo per noi, cosa chiedere di piu`?
Purtroppo questa atmosfera idilliaca non durera’ a lungo, le isole sono diventate famose grazie ai programmi “Survival” delle televisioni europee e abbiamo scoperto che ci sono piu’ di 40 progetti in procinto di essere realizzati per la costruzione di mega resort per un totale di piu’ di 1000 appartamenti. Senza contare che passeggiando per le spiagge si leggono ovunque cartelli di terreni in vendita. Se avete soldi da investire, a viaggiare da queste parti sembra che mezza Panama e Costa Rica siano ancora in vendita…
Oltre ad avere approfittato delle splendide spiagge abbiamo iniziato a respirare l’atmosfera “roots ” che caratterizza quest’area dei Caraibi. A volte sembra di essere in Jamaica. Gli abitanti di queste isole sono discendenti degli schiavi delle colonie inglesi, sono neri, hanno i dread, ascoltano reggae e parlano un dialetto che e’ molto piu’ simile ad uno slang inglese che allo spagnolo. La lingua e’ molto musicale, quando parlano sembra quasi che cantino, basterebbe mettere una musica reggae di sottofondo per incidere un qualsiasi pezzo raggamuffin!

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Piacevole sorpresa

Dicono di noi - 18 giugno 2007

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Abbiamo piacevolmente scoperto che la EDT (casa editrice che pubblica in Italia le mitiche Lonely Planet, nostre fedeli compagne di viaggio) parla di noi sul Mappamondo, la rivista trimestrale di viaggi. Potete trovare la rivista nelle librerie di viaggio o leggere l’articolo “Viaggiare con lentezza” sul sito della EDT. L’articolo cita un racconto sui nostri preparativi che, se vi interessa, potete leggere interamente seguendo questo link.

The Darien Gap

Panamá - 14 giugno 2007

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Fino a qualche anno fa era impensabile pensar di poter attraversare il confine Colombia/Panama via terra, per via della guerriglia presente nella zona del Darien tra le due frontiere. Ma fino a qualche anno fa era anche impensabile visitare la Colombia come abbiamo potuto fare noi in questo viaggio. Ci teniamo a scrivere che la situazione e’ molto piu’ tranquilla di quello che si pensa al di fuori, i Colombiani stessi stanno tentando in tutti i modi con il loro carattere amabile di riscattarsi dagli anni bui della guerriglia e dalla brutta fama che ha il paese. Personalmente non abbiamo avuto nessun problema di sicurezza e nessun incontro con guerriglieri che ormai, come ci hanno raccontato, son rimasti in pochi. Pertanto, dopo aver sentito i resoconti di parecchi viaggiatori, abbiamo deciso di affrontare via terra il Darien Gap, la fitta jungla in comune tra i due paesi passando per la costa, saltellando da un porto all’altro. E grazie a questa scelta, non solo abbiamo risparmiato i soldi di un volo internazionale o di una crociera forzata di cinque giorni con conseguenti dondolii e mareggiamenti ;-), ma abbiamo anche avuto modo di scoprire remoti e isolati paesini bagnati da acque cristalline al confine con Panama.
Da li’ abbiamo preso una lancia (traducasi in barchetta di legno con un motore annesso) per Puerto Obaldia, il primo paese del Centro America, per poi prendere l’aereo (traducasi in avionetta traballante da 18 posti) per Ciudad de Panama.
Pensando di arrivare se non in una metropoli, perlomeno in una citta’ di una certa dimensione, siamo rimasti piuttosto sorpresi nello sbarcare in un paesino di frontiera dove la pista dell’aereoporto consiste in una striscia di asfalto di 500 metri a fianco del campetto da calcio del paese e finisce direttamente nel mare.

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Taganga

Colombia - 6 giugno 2007

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Taganga, che sembra uscire da una canzone di Gaber, e’ stata la nostra casa per piu’ di una settimana. Dopo mesi di spostamenti piu’ o meno frenetici, finalmente abbiamo potuto rallentare un po’ il ritmo. A Taganga abbiamo trovato un ostello (villa vista mare!) dove ci siamo sentiti come a casa. Camera con bagno, terrazzone con amache, cucina da cui abbiamo sfornato paste al pesto barilla, pesce al forno, melanzane alla parmigiana, zuppa di mariscos in latte di cocco …. L’ostello e’ gestito da due fratelli colombiani giovanissimi e molto disponibili. In tutto eravamo quattro ospiti e abbiamo ritrovato piacevolmente l’atmosfera di una casa dopo mesi di ostelli e presunte pensioni.
E a Taganga abbiamo incominciato a comprendere meglio il perche’ la Colombia viene definita “Locombia”. Il popolo a cui assomigliano maggiormente sono sicuramente i brasiliani, per lo spirito festaiolo e caciarone, ma soprattutto per la musica assordante che viene da ogni dove. Per farvi solo qualche esempio, l’intrattenimento clou del paesino è un video juke box piazzato sul lungo mare e a disposizione di tutti per pompare al massimo volume video allucinanti di musica reggaetton da ballarci intorno. Che sia lunedi’ sera o martedi’ mattina all’alba, non importa, chiunque voglia ascoltare un po’ di musica la deve condividere con tutto il paese, solitamente piazzando le casse enormi dello stereo direttamente sulla strada. Ne risulta un miscuglio sonoro continuo e assordante a cui dopo un po’ di giorni si fa l’abitudine.

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La maledizione delle Birkenstock di Pablo

Colombia, Uncategorized - 26 maggio 2007

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Le Birkenstock o Tedesche, per chi non lo sapesse, sono dei sandali made in German, anatomici e perfetti per chi viaggia. Essendo costruiti alla perfezione non sono neanche cosi’ economici per un paio di sandali, ma, essendo essenziali per il nostro viaggio quanto le scarpe da trekking, valgono la spesa. Il problema e’ che Pablo sembra sia stato colpito da una triste maledizione che gli impedisce di possedere un paio di Birkenstock per piu’ di 1 anno. Il primo paio e’ “sparito” una sera ad un concerto ai giardini reali. Certo vi chiederete come fanno a sparire dei sandali dai propri piedi….ma se uno si mette a ballare scalzo ;-). Pochi mesi dopo il fattaccio siamo partiti per la Thailandia con un nuovo paio di sandali. Come forse sapete in Thailandia c’e’ l’abitudine di togliersi le scarpe/ciabatte all’ingresso di ogni locale e fu cosi’ che una sera, dopo solo un mese dall’acquisto, Pablo si e’ visto sparire un altro paio di sandali, anzi per l’esattezza una ciabatta sola, rubata forse da qualche ubriaco. A quel punto forse sarebbe stato il caso di desistere nel comprarne un altro paio, ma dopo averne provato la versione tarocca Made in Thailand, che non ha avuto molto successo, e dopo aver preso la decisione di fare questo giro del mondo, non si poteva certo partire senza Birkenstock. Per cui eccoci qui in Colombia io, Scritch con il mio paio che dura ormai da circa tre anni e Pablo con il suo nuovo di pacca (non vi dico gli sbattimenti per trovargliene un paio a gennaio a Torino). Ma visto che la maledizione non ha confini ha deciso di colpire anche qui in Colombia.Siamo da una settimana piazzati a Taganga (gia’ il nome ispira simpatia!) un paese di pescatori sulla costa caraibica della Colombia. Uno di quei posti veramente tranquilli con piccole insenature dove piazzarsi a prendere il sole senza essere invasi dal turismo di massa. Abbiamo evitato altre citta’ della Colombia per evitare la delinquenza locale, ma ci siamo dimenticati della maledizione delle Birkenstock. E ieri, mentre eravamo nella nostra solita spiaggetta di dieci metri di lunghezza frequentata da noi e dai soliti quattro pescatori e’ accaduto il fattaccio. Al pomeriggio e’ arrivata una barca di turisti, noi eravamo piazzati al sole a sonnecchiare e Pablo aveva lasciato i sandali a due metri di distanza dai nostri teli. La maledizione ha colpito ancora!Al nostro risveglio nessuna traccia delle Birkenstock di Pablo.
Credo non ci sia altro da aggiungere, non so se e’ il caso di continuare ad accanirsi comprandone un quarto paio che potrebbe volatilizzarsi nel sonno….;-) per ora ci si dovra’ accontentare di un paio di comuni ciabatte da mare!
Pablo non partecipa a questo post perche’ e’ ancora troppo arrabbiato e si chiude in un silenzio stampa.
PS:Grande cugi!Complimenti per l’Erasmus!….e se quando parti ci spedisci un paio di “tedesche” ;-)

Locombia

Colombia, Cucine dal mondo - 21 maggio 2007

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Salutata la splendida terra degli Inca, delle misteriose linee di Nasca, delle mitiche dune di sabbia, dei piatti di ceviche (insalata di pesce marinato) e dei peruviani che tentano di fregarti ad ogni occasione buona, siamo giunti in Colombia, detta anche Locombia per lo spirito loco dei suoi abitanti.
Dopo numerose riflessioni spazio-temporali abbiamo deciso di saltare il nord del Peru’ (ci affascinava l’idea di fare trekking nella Cordigliera Blanca, ma alla fine dopo mesi di montagne, e’ prevalsa la voglia di mare) e l’Ecuador che faremo in un prossimo viaggio quando avremo il budget anche per visitare le isole Galapagos.
Dovendo percorrere giusto qualche chilometro per arrivare in Colombia, abbiamo optato per uno spostamento aereo, ma, come spesso accade, le tariffe piu’ convenienti non sempre sono le piu’ pratiche. Per arrivare in Colombia siamo dovuti passare dal Venezuela con uno scalo di “sole” undici ore a Caracas. Dopo aver letto sul sito dell’Ambasciata Italiana che il Venezuela e’ l’unico paese altamente sconsigliato da visitare del Sud America, abbiamo deciso di non mettere neanche il naso fuori dall’aereoporto.
La prima citta’ che abbiamo visitato in Colombia e’ Medellin, non particolarmente bella se non per le splendide statue di bronzo di Botero nella piazza centrale e un museo con una buona collezione delle sue opere.
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La voglia di mare ci ha fatto salire subito al Nord, sulla costa Caraibica, a visitare la bella citta’ di Cartagena che, per certi versi, ci ha ricordato l’Havana vecchia, sara’ per i sigari venduti di contrabbando per le strade, per gli antichi palazzi restaurati e per i locali dove spesso si stente una musica caraibica. Cartagena ha una zona vecchia cinta da mura che la rende molto affascinante, con i suoi palazzi colorati, i balconi di legno ripieni di fiori, i locali dal soffitto alto, il pavimento in pietra e gli enormi portoni di legno antico, le belle piazze dove riposarsi a sorseggiare ottimi succhi di frutta freschi. Molte persone incontrate durante questo viaggio si sono innamorate della Colombia e dei suoi succhi di frutta e avevano ragione. Ci sono frutti mai visti e li stiamo provando man mano. Uno veramente buono si chiama tomate de arbol, ha la forma simile ad un pomodoro da pelato con picciuolo, ma il gusto e’ totalmente diverso e ottimo per un succo di frutta fresca. E oltre ai succhi stiamo sperimentando tutte le delizie delle bancarelle per strada. Dalle arepas di queso (pagnotte di farina alla brace ripiene di formaggio … SLURP!), alle frittelle di mais, ai dedito (sfiloncini di pane fritto al formaggio), o i patacon (frittelle di banane verdi buonissimi!). E poi, ovviamente, qua non manca il buon pesce, veramente ottimi i gamberetti e abbiamo piacevolmente ritrovato la moqueca (zuppa in olio di cocco) di pesce mangiata a Bahia che qua si chiama cazuela (suona un po’ come un piatto tipico milanese!?!?)
Il caldo della citta’ ci ha veramente spiazzati e dopo aver piacevolmente girovagato per tutta la zona vecchia siamo subito andati a piazzarci qualche giorno al mare nella Playa Blanca dell’adiacente parco nazionale.
Vi faremo avere altre notizie, culinarie e non, dalla bella Locombia e, se non ci sentite per qualche giorno, non preoccupatevi, vuol dire che saremo in qualche spiaggia remota priva di connessione internet ad arrostirci un po’ ;-)

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Girl powder

Peru' - 17 maggio 2007

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E dopo il video per Bota continuano i nostri esperimenti “cinematografici”. Visto che la neve qui scarseggia come in Italia abbiamo trovato una soluzione alternativa per surfare… sono anni che sogno queste dune GIRL POWDER!!! Surfare in canotta che stile !!! ;-)

A proposito di Nasca…

Peru' - 15 maggio 2007

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A proposito di Nasca avrei voluto scrivere tante emozioni, mostrarvi mille foto da ogni angolazione possibile, ma …
Cominciamo dal principio. Sapendo di patire tutto cio’ che non si muove in linea perfettamente orizzontale e con poche oscillazioni di sorta, ho deciso di arrivare preparata al volo aereo sulle mitiche linee di Nasca, ovvero a digiuno dalla sera prima per non rischiare di avere il minimo alimento in corpo. Arrivati a Nasca prenotiamo il volo che, come tutti i tour turistici si paga in dollari, ma cosa vuoi arrivare fino in Peru’ e non vedere Machu Picchu e le linee di Nasca!??! L’aereo non era esattamente un boing, ma un piccolo velivolo da 5 posti, niente che promettesse stabilita’ insomma, e poi per vedere bene le famose linee sapevo che il pilota avrebbe sperimentato tutte le inclinazioni possibili. Comunque ero preparata, appena salita a bordo ho controllato che ci fosse il sacchetto salvavita. I sudori freddi sono iniziati subito, ma alla prima figura, che rappresenta alla perfezione una balena, ho pensato che ce la potevo fare. Il mio ottimismo era stato troppo frettoloso. Per farti ammirare meglio ogni disegno il pilota compiva curva a destra e a sinistra inclinando non poco il velivolo e di conseguenza il mio stomaco. Ho un po’ di confusione in mente, come potete ben immaginare, comunque credo di aver resistito ancora alla seconda figura chiamata “l’astronauta” e poi …. va beh meglio non scrivere proprio tutti i dettagli del caso. Vi dico solo che una volta ripresami ho pensato ” Non importa, pazienza, le figure che non sono riuscita ad ammirare bene le vedro’ dalle splendide foto che stara’ scattando Pablo, seduto dietro di me”. Ma in un momento di lucidita’ sono riuscita a voltarmi per scoprire che il nostro caro fotografo era piu’ cadaverico di me e al posto della macchina foto in mano aveva il famigerato sacchetto salvavita!! Che dire ancora, chiediamo scusa per il reportage mancato e pubblichiamo i pochi scatti che Pablo e’ riuscito a fare. Ci siamo ripresi dal volo solo dopo aver dormito un giorno intero. In ogni caso sono contenta anche di questa esperienza, purtroppo e’ l’unica maniera per poter ammirare bene le linee e, una volta ripresa conoscenza, mi e’ rimasta la sensazione di mistero che ti trasmette il vedere questi disegni perfetti, enormi, tracciati nel deserto senza che sia ancora stata scoperto il vero motivo della loro origine.

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Allinlla p’unch’ay BOTA!

Uncategorized - 12 maggio 2007

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