Taganga, che sembra uscire da una canzone di Gaber, e’ stata la nostra casa per piu’ di una settimana. Dopo mesi di spostamenti piu’ o meno frenetici, finalmente abbiamo potuto rallentare un po’ il ritmo. A Taganga abbiamo trovato un ostello (villa vista mare!) dove ci siamo sentiti come a casa. Camera con bagno, terrazzone con amache, cucina da cui abbiamo sfornato paste al pesto barilla, pesce al forno, melanzane alla parmigiana, zuppa di mariscos in latte di cocco …. L’ostello e’ gestito da due fratelli colombiani giovanissimi e molto disponibili. In tutto eravamo quattro ospiti e abbiamo ritrovato piacevolmente l’atmosfera di una casa dopo mesi di ostelli e presunte pensioni.
E a Taganga abbiamo incominciato a comprendere meglio il perche’ la Colombia viene definita “Locombia”. Il popolo a cui assomigliano maggiormente sono sicuramente i brasiliani, per lo spirito festaiolo e caciarone, ma soprattutto per la musica assordante che viene da ogni dove. Per farvi solo qualche esempio, l’intrattenimento clou del paesino è un video juke box piazzato sul lungo mare e a disposizione di tutti per pompare al massimo volume video allucinanti di musica reggaetton da ballarci intorno. Che sia lunedi’ sera o martedi’ mattina all’alba, non importa, chiunque voglia ascoltare un po’ di musica la deve condividere con tutto il paese, solitamente piazzando le casse enormi dello stereo direttamente sulla strada. Ne risulta un miscuglio sonoro continuo e assordante a cui dopo un po’ di giorni si fa l’abitudine.
Le Birkenstock o Tedesche, per chi non lo sapesse, sono dei sandali made in German, anatomici e perfetti per chi viaggia. Essendo costruiti alla perfezione non sono neanche cosi’ economici per un paio di sandali, ma, essendo essenziali per il nostro viaggio quanto le scarpe da trekking, valgono la spesa. Il problema e’ che Pablo sembra sia stato colpito da una triste maledizione che gli impedisce di possedere un paio di Birkenstock per piu’ di 1 anno. Il primo paio e’ “sparito” una sera ad un concerto ai giardini reali. Certo vi chiederete come fanno a sparire dei sandali dai propri piedi….ma se uno si mette a ballare scalzo ;-). Pochi mesi dopo il fattaccio siamo partiti per la Thailandia con un nuovo paio di sandali. Come forse sapete in Thailandia c’e’ l’abitudine di togliersi le scarpe/ciabatte all’ingresso di ogni locale e fu cosi’ che una sera, dopo solo un mese dall’acquisto, Pablo si e’ visto sparire un altro paio di sandali, anzi per l’esattezza una ciabatta sola, rubata forse da qualche ubriaco. A quel punto forse sarebbe stato il caso di desistere nel comprarne un altro paio, ma dopo averne provato la versione tarocca Made in Thailand, che non ha avuto molto successo, e dopo aver preso la decisione di fare questo giro del mondo, non si poteva certo partire senza Birkenstock. Per cui eccoci qui in Colombia io, Scritch con il mio paio che dura ormai da circa tre anni e Pablo con il suo nuovo di pacca (non vi dico gli sbattimenti per trovargliene un paio a gennaio a Torino). Ma visto che la maledizione non ha confini ha deciso di colpire anche qui in Colombia.Siamo da una settimana piazzati a Taganga (gia’ il nome ispira simpatia!) un paese di pescatori sulla costa caraibica della Colombia. Uno di quei posti veramente tranquilli con piccole insenature dove piazzarsi a prendere il sole senza essere invasi dal turismo di massa. Abbiamo evitato altre citta’ della Colombia per evitare la delinquenza locale, ma ci siamo dimenticati della maledizione delle Birkenstock. E ieri, mentre eravamo nella nostra solita spiaggetta di dieci metri di lunghezza frequentata da noi e dai soliti quattro pescatori e’ accaduto il fattaccio. Al pomeriggio e’ arrivata una barca di turisti, noi eravamo piazzati al sole a sonnecchiare e Pablo aveva lasciato i sandali a due metri di distanza dai nostri teli. La maledizione ha colpito ancora!Al nostro risveglio nessuna traccia delle Birkenstock di Pablo.
Credo non ci sia altro da aggiungere, non so se e’ il caso di continuare ad accanirsi comprandone un quarto paio che potrebbe volatilizzarsi nel sonno….;-) per ora ci si dovra’ accontentare di un paio di comuni ciabatte da mare!
Pablo non partecipa a questo post perche’ e’ ancora troppo arrabbiato e si chiude in un silenzio stampa.
PS:Grande cugi!Complimenti per l’Erasmus!….e se quando parti ci spedisci un paio di “tedesche” ;-)
Salutata la splendida terra degli Inca, delle misteriose linee di Nasca, delle mitiche dune di sabbia, dei piatti di ceviche (insalata di pesce marinato) e dei peruviani che tentano di fregarti ad ogni occasione buona, siamo giunti in Colombia, detta anche Locombia per lo spirito loco dei suoi abitanti.
Dopo numerose riflessioni spazio-temporali abbiamo deciso di saltare il nord del Peru’ (ci affascinava l’idea di fare trekking nella Cordigliera Blanca, ma alla fine dopo mesi di montagne, e’ prevalsa la voglia di mare) e l’Ecuador che faremo in un prossimo viaggio quando avremo il budget anche per visitare le isole Galapagos.
Dovendo percorrere giusto qualche chilometro per arrivare in Colombia, abbiamo optato per uno spostamento aereo, ma, come spesso accade, le tariffe piu’ convenienti non sempre sono le piu’ pratiche. Per arrivare in Colombia siamo dovuti passare dal Venezuela con uno scalo di “sole” undici ore a Caracas. Dopo aver letto sul sito dell’Ambasciata Italiana che il Venezuela e’ l’unico paese altamente sconsigliato da visitare del Sud America, abbiamo deciso di non mettere neanche il naso fuori dall’aereoporto.
La prima citta’ che abbiamo visitato in Colombia e’ Medellin, non particolarmente bella se non per le splendide statue di bronzo di Botero nella piazza centrale e un museo con una buona collezione delle sue opere.
La voglia di mare ci ha fatto salire subito al Nord, sulla costa Caraibica, a visitare la bella citta’ di Cartagena che, per certi versi, ci ha ricordato l’Havana vecchia, sara’ per i sigari venduti di contrabbando per le strade, per gli antichi palazzi restaurati e per i locali dove spesso si stente una musica caraibica. Cartagena ha una zona vecchia cinta da mura che la rende molto affascinante, con i suoi palazzi colorati, i balconi di legno ripieni di fiori, i locali dal soffitto alto, il pavimento in pietra e gli enormi portoni di legno antico, le belle piazze dove riposarsi a sorseggiare ottimi succhi di frutta freschi. Molte persone incontrate durante questo viaggio si sono innamorate della Colombia e dei suoi succhi di frutta e avevano ragione. Ci sono frutti mai visti e li stiamo provando man mano. Uno veramente buono si chiama tomate de arbol, ha la forma simile ad un pomodoro da pelato con picciuolo, ma il gusto e’ totalmente diverso e ottimo per un succo di frutta fresca. E oltre ai succhi stiamo sperimentando tutte le delizie delle bancarelle per strada. Dalle arepas di queso (pagnotte di farina alla brace ripiene di formaggio … SLURP!), alle frittelle di mais, ai dedito (sfiloncini di pane fritto al formaggio), o i patacon (frittelle di banane verdi buonissimi!). E poi, ovviamente, qua non manca il buon pesce, veramente ottimi i gamberetti e abbiamo piacevolmente ritrovato la moqueca (zuppa in olio di cocco) di pesce mangiata a Bahia che qua si chiama cazuela (suona un po’ come un piatto tipico milanese!?!?)
Il caldo della citta’ ci ha veramente spiazzati e dopo aver piacevolmente girovagato per tutta la zona vecchia siamo subito andati a piazzarci qualche giorno al mare nella Playa Blanca dell’adiacente parco nazionale.
Vi faremo avere altre notizie, culinarie e non, dalla bella Locombia e, se non ci sentite per qualche giorno, non preoccupatevi, vuol dire che saremo in qualche spiaggia remota priva di connessione internet ad arrostirci un po’ ;-)