Bastano gli occhi

Filippine - 12 gennaio 2011

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Due settimane di vacanza natalizie e non resistiamo a non prendere l’ennesimo volo, destino: Filippine!
Ci troviamo subito concordi, dato il poco tempo a disposizione e la nostra voglia di viaggiare sempre più slow, di esplorare una sola delle miriade di isole che compongono questo strano paese.
Atterriamo a Manila il 25 sera, dopo un pranzo natalizio servito dalla Emirates sicuramente non all’altezza dei manicaretti che ci aspettavano a Torino. Ma il piacere di ritrovarsi, dopo neanche un’ora dall’atterraggio, con i sandali ai piedi a bere una birra fresca nel primo chiosco per strada per soli 30 centesimi  ci fa dimenticare subito panettoni e altre leccornie di casa.

Manila è una grossa capitale di cui stentiamo a trovare il fascino e il 26 abbiamo già un volo interno prenotato per dirigerci all’isola di Palawan.
Ma non abbiamo fatto i conti con le infrastrutture locali…arrivati all’aereoporto di Manila ci informano che il nostro volo previsto per la sera era stato anticipato al pomeriggio perchè a Palawan non funzionavano le luci della pista d’atteraggio!
Non avendo controllato la mail non eravamo stati informati del cambio di orario, non ci è rimasto che accettare il rimborso dei soldi per il taxi, riaffrontare un’altra notte nella capitale e attendere frementi il mattino successivo per raggiungere l’isola e rifugiarci finalmente al mare.
Seguendo le dritte di amici e le informazioni della guida, ci dirigiamo subito al nord per fare tappa al villaggio di El Nido. Lì decidiamo che avremmo fatto base per la prima settimana per poter esplorare al meglio l’arcipelago di Bacuit su cui si affaccia la splendida baia del Nido.


Facciamo fatica  ad immaginare come doveva essere El Nido una decina di anni fa, probabilmente poco più che un villaggio di pescatori. Ora la spiaggia è un susseguirsi di bungalow e ristoranti, ammassati malamente uno vicino all’altro, che lasciano poco spazio alla distesa di sabbia.
Ma è sufficiente guardare alle spalle del villaggio le altissime pareti di roccia che  lo circondano o puntare lo sguardo verso le prime isole che si intravedono dell’arcipelago per iniziare a capire che lì tra quelle montagne emerse, si nasconde un piccolo paradiso tropicale
E così trovata la nostra sistemazione sulla spiaggia per avere il rumore del mare come unica sveglia iniziamo ad esplorare i dintorni.
Il primo giorno prendiamo un tour organizzato con la barca da uno dei tanti locali.  Navighiamo con il naso all’insù affascinati da queste isole con le pareti di roccia grigia che salgono dal mare e la foresta rigogliosa a farne da contorno, mentre intravediamo lingue di sabbia dove sogniamo di sostare a rilassarci al sole.
Ma il bello dovevamo ancora scoprirlo. L’arcipelago con queste sue conformazioni rocciose forma delle insenature dove si nascondono lagune blu che mi ricordano il film omonimo, spiagge segrete raggiungibili solo tuffandosi a nuoto e passando in strettoie create tra le rocce…uno scenario che lascia a bocca aperta, non avevo mai visto niente di simile!
La giornata si conclude nel migliore dei modi con una megattera che spunta all’improvviso a pochi metri dalla nostra barca facendoci intravedere  la sua maestosità mentre noi gridiamo all’impazzata dall’emozione!
Colpiti da tanta bellezza ci convinciamo sempre di più a mettere in atto il nostro piano: affittare un kayak e raggiungere una delle isole con le nostre forze, piantare la tenda e viverci il nostro momento alla Robinson Crusoe.

Al ritorno dal tour cominciamo ad informarci sulla fattibilità del piano. Ci rechiamo all’ufficio del turismo per chiedere informazioni, troviamo un signore panciuto che ci dice di esser lì solo per dare informazioni sostanzialmente su come essere dei bravi turisti che non rovinino le isole con la propria spazzatura (!?!?!) e ci dice di rivolgerci al piano superiore per chiedere il permesso di pernottamento sulle isole ad un tale sovrintendente.
Peccato che il sovrintendente in questione, essendo periodo natalizio (nonchè alta stagione turistica), aveva pensato bene di andare in vacanza fino ai primi di gennaio, ma noi sulle isole volevamo andarci adesso!! Non ci è rimasto che pagare il ticket di ingresso all’arcipelago, per sentirci con la coscienza a posto e…fregarcene del permesso del sovrintendente che non avremo mai avuto l’onore di incontrare :)

Non sapendo quanto grande fosse il kayak, quanto calmo potesse esser il mare, quanto le nostre braccia avrebbero retto l’impresa, decidiamo di organizzare questa prima escursione per una notte sola. Così compriamo un boccione da 6 lt d’acqua, noodle istantanei per il pranzo, i soliti biscotti internazionali “oreo” che troviamo in ogni viaggio per la colazione, e spaghetti e sardine per una lussuosa  cena da cucinare sul fuoco.
Impacchettiamo i pochi vestiti e i libri che ci terranno compagnia nelle pigre giornate di ozio in spiaggia e copriamo lo zaino con un sacco dell’immondizia che non dà certo l’idea di esser altamente impermeabile, leghiamo il tutto alla bella e meglio e iniziamo a remare verso la prima isola che si staglia di fronte alla baia: Cadlao Island.
Il mare è fortunatamente calmissimo, l’acqua è calda, il colore verde e la trasparenza tale, che bastano gli occhi per poter osservare la miriade di pesci che animano il fondale, semplicemente sporgendo lo sguardo dal bordo del kayak  facendo attenzione a non ribaltarci :)
Raggiungiamo in una quarantina di minuti la prima spiaggia e già ci sembra di aver compiuto un’impresa che ricorderemo per gli anni a venire. Raggiungere con le nostre poche forze questi paradisi, piantare la tendina occupando il territorio, impazzire per accendere un fuoco come unica speranza di poter cucinare e sfamarci (meno male che il trucco della candela arrotolata nella cartigenica funziona sempre!), trovarci soli al tramontare del sole mentre le altre barche rientrano alla base dopo le escursioni giornaliere, fare il bagno nella calda notte tropicale, e risvegliarci in riva al mare … ci mettiamo poco a decidere che merita sicuramente fermarsi un’altra notte in qualche spiaggia selvaggia per continuare l’esplorazione dell’isola e raggiungere la laguna successiva.
Unico problema: le scorte di acqua e viveri.
Appena intravediamo una barca ci avviciniamo per chiedere dell’acqua che gentilmente ci viene regalata….siamo salvi, ora non ci resta che razionare un po’ il cibo, ma la voglia di ritrascorrere un’altra notte sotto le stelle fa trovare mangiabili anche gli spaghetti cucinati con il dado in bustina dei noodle della Maggi.
Il tempo, nonostante la stagione definita secca, è parecchio variabile e mentre remiamo sotto i muraglioni di Cadlao scoppia una pioggia tropicale che rende il tutto ancora più avventuroso.
Dopo tre giorni e due notti, finito ogni scorta, è ora di rientrare a El Nido per festeggiare il capodanno di nuovo nella moltitudine, circondati da turisti festanti e botti lanciati all’impazzata dalla riva del mare.

Prima di spostarci verso un’altra meta dedichiamo ancora un giorno ad esplorare in motoretta i dintorni del villaggio. Scopriamo risaie e ordinati villaggi che si affacciano su strade fangose, baie abitate solo da pescatori dove ci chiediamo se anche qui tra qualche anno le loro capanne saranno trasformate in bungalow per la soddisfazione dei viaggiatori di tutto il mondo, coloratissimi pulman che ricordano i nostri pulmini di latta con cui giocavamo da bambini e curiosi motocicli customizzati a piacere seguendo il gusto tamarro locale.

L’ultima settimana decidiamo di dirigerci più a sud verso Port Barton, un villaggio molto meno frequentato di cui godiamo la tranquillità e dove ci concediamo ancora un’escursione notturna facendoci lasciare da un pescatore su un’isoletta dei dintorni.
Facciamo snorkelling in splendidi reef popolati da una quantità incredibile di pesci, nuotiamo con le tartarughe, e scopriamo nuove forme di vita colorate a noi prima sconosciute.
L’ultima sera mentre passeggiamo in riva al villaggio in cerca di un localino dove bere una birra veniamo invitati da un gruppo di ragazzi filippini seduti sulla spiaggia a bere e giocare con loro. Non ci facciamo sfuggire l’occasione di conoscere i giovani del villaggio e passare una serata diversa. Ci stupiamo nello scoprire che anche dall’altra parte del mondo giocano all’antico gioco della bottiglia. Ogni volta che la bottiglia indica il malcapitato c’è una punizione da svolgere. All’inizio siamo un po’ tesi temendo la nostra sorte, ma sorridiamo tra di noi quando ci accorgiamo la pudicità del loro modo di giocare. La punizione più ambita e “hard” è quella di dare un bacino sul collo o sulla fronte di uno dei presenti o di ballare per qualche secondo in mezzo al cerchio tra le risate generali dei presenti.

E così due settimane sono passate, all’insegna del relax, dei numerosi bagni, dei libri letti con voracità sulla spiaggia, dei momenti di panico in attesa di un barlume di fiammella per la nostra cena,  dell’emozione nel seguire il veloce nuotare di una tartaruga, dei capelli pettinati con le conchiglie, delle notti di silenzio rotto solo dal rumore delle onde del mare, dei massaggi rigeneranti e del ricordo di aver sognato, anche solo per poche notti, di aver posseduto un’isola tutta per noi.

9 Comments

  1. Magnifici paradisi, spiagge ed acque cristalline,meravglie e nostalgie di natura e terre selvagge…ma quanta incoscienza ed audacia ragazzi !!!Love Mia
    p.s. quei bellissimi pesciolini colorati salviamoli!

  2. Che meraviglia i vostri racconti, le vostre facce pulite scottate dal sole e i paesaggi paradisiaci che siete andati a scovare.
    Vi voglio molto bene. E sono fiera di voi.

  3. grandi!!Felici che abbiate anche voi visto questi splendidi posti…e il nord è un altro piccolo angolo di paradiso che vi consigliamo per un futuro ritorno in questa strana terra…

  4. Contenta che vi sia piaciuto, ve l’avevo detto che meritava!
    Leggendo il vostro racconto e guardando le vostre foto ho rivissuto il mio viaggio.
    Tempo di ripartire.
    Un bacione

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