Bocas del Toro, Panama, ovvero uno degli arcipelaghi segnalato sulle guide tra le spiagge piu’ belle del Centro America. E come non andarci?!? Ed effettivamente le guide hanno pienamente ragione. Ci sono varie isole che compongono l’arcipelago, noi abbiamo scelto di soggiornare a Bastimento, una delle piu’ tranquille composta da un paesino con un’unica stradina e poi spiagge, spiagge e ancora spiagge. La sabbia e’ bianca, il mare trasparente, non ci sono bar o altri tipi di strutture turistiche, le spiagge sono lunghe chilometri e sembrano riservate solo per noi, cosa chiedere di piu`?
Purtroppo questa atmosfera idilliaca non durera’ a lungo, le isole sono diventate famose grazie ai programmi “Survival” delle televisioni europee e abbiamo scoperto che ci sono piu’ di 40 progetti in procinto di essere realizzati per la costruzione di mega resort per un totale di piu’ di 1000 appartamenti. Senza contare che passeggiando per le spiagge si leggono ovunque cartelli di terreni in vendita. Se avete soldi da investire, a viaggiare da queste parti sembra che mezza Panama e Costa Rica siano ancora in vendita…
Oltre ad avere approfittato delle splendide spiagge abbiamo iniziato a respirare l’atmosfera “roots ” che caratterizza quest’area dei Caraibi. A volte sembra di essere in Jamaica. Gli abitanti di queste isole sono discendenti degli schiavi delle colonie inglesi, sono neri, hanno i dread, ascoltano reggae e parlano un dialetto che e’ molto piu’ simile ad uno slang inglese che allo spagnolo. La lingua e’ molto musicale, quando parlano sembra quasi che cantino, basterebbe mettere una musica reggae di sottofondo per incidere un qualsiasi pezzo raggamuffin!
Fino a qualche anno fa era impensabile pensar di poter attraversare il confine Colombia/Panama via terra, per via della guerriglia presente nella zona del Darien tra le due frontiere. Ma fino a qualche anno fa era anche impensabile visitare la Colombia come abbiamo potuto fare noi in questo viaggio. Ci teniamo a scrivere che la situazione e’ molto piu’ tranquilla di quello che si pensa al di fuori, i Colombiani stessi stanno tentando in tutti i modi con il loro carattere amabile di riscattarsi dagli anni bui della guerriglia e dalla brutta fama che ha il paese. Personalmente non abbiamo avuto nessun problema di sicurezza e nessun incontro con guerriglieri che ormai, come ci hanno raccontato, son rimasti in pochi. Pertanto, dopo aver sentito i resoconti di parecchi viaggiatori, abbiamo deciso di affrontare via terra il Darien Gap, la fitta jungla in comune tra i due paesi passando per la costa, saltellando da un porto all’altro. E grazie a questa scelta, non solo abbiamo risparmiato i soldi di un volo internazionale o di una crociera forzata di cinque giorni con conseguenti dondolii e mareggiamenti ;-), ma abbiamo anche avuto modo di scoprire remoti e isolati paesini bagnati da acque cristalline al confine con Panama.
Da li’ abbiamo preso una lancia (traducasi in barchetta di legno con un motore annesso) per Puerto Obaldia, il primo paese del Centro America, per poi prendere l’aereo (traducasi in avionetta traballante da 18 posti) per Ciudad de Panama.
Pensando di arrivare se non in una metropoli, perlomeno in una citta’ di una certa dimensione, siamo rimasti piuttosto sorpresi nello sbarcare in un paesino di frontiera dove la pista dell’aereoporto consiste in una striscia di asfalto di 500 metri a fianco del campetto da calcio del paese e finisce direttamente nel mare.